Nel 1970 un gruppo che ha cambiato la storia della musica si scioglieva e Massimo Comi ha scritto un articolo dedicato a questo straordinario gruppo.
The Fab Four. I Fantastici Quattro. Ovviamente, non mi sto riferendo agli eroi dei fumetti, ma ad un quartetto che ha cambiato per sempre la storia della musica, lasciando una traccia incancellabile in termini di innovazione, creatività e sperimentazione.
Avrete ormai capito che il soggetto di questo pezzo saranno i Beatles, un gruppo che, dopo gli inizi trascorsi a suonare tanto rock and roll nei club tedeschi, bevendo birra e assumendo a volte sostanze proibite, si è evoluto di album in album, spostando sempre più in alto l'asticella del proprio livello musicale.
Se guardiamo alla successione degli album che i Beatles hanno creato, uno a poca distanza dall'altro, dato che le case discografiche pretendevano un disco ogni sei mesi (a questo proposito, i quattro poi crearono la propria casa discografica, chiamata “Apple”, che non ebbe il successo sperato, anche se produsse alcuni album piuttosto meritevoli, come ad esempio “Abbey Road” degli stessi Beatles), ci accorgiamo che, nel corso di circa sette anni, lo stile della band si è progressivamente evoluto, passando dal puro rock and roll all' avanguardia.
A livello puramente creativo, risulta evidente la predominanza del duo Lennon-McCartney, che hanno scritto e musicato la maggior parte dei pezzi: il primo era la parte per così dire più “irrazionale”, ribelle, che amava i giochi di parole e possedeva una scrittura a volte graffiante, mentre il secondo costituiva la parte più dolce, carezzevole e melodica.
Pensiamo ad esempio a due pezzi in particolare, entrambi presenti nel già citato “Abbey Road”, uno composto da Lennon, cioè “I Want You”, e l'altro scritto da McCartney, “Oh Darling”, che a mio parere rappresentano pienamente lo stile dei due, fin dal titolo: dire ad una ragazza “Ti voglio”, piuttosto che chiamarla “Tesoro”, è molto diverso.
Attorno a questo forte nucleo creativo, Ringo Starr e soprattutto George Harrison, riuscirono a ritagliarsi un posto sempre più importante, arrivando con il tempo a comporre dei brani. Pensiamo, nel caso di Harrison, a “Something”, “Here Comes the Sun” e “While my Guitar Gently Weeps”, diventate delle pietre miliari della discografia del gruppo, caratterizzate sempre da quella dolcezza di fondo, da quella tenerezza e familiarità che hanno reso l'artista molto vicino al proprio pubblico e sono state riproposte varie volte dopo lo scioglimento del gruppo, sia dallo stesso Harrison, che da altri artisti: memorabile, a questo proposito, risulta l'esecuzione dell'ultimo brano citato con Eric Clapton, durante il concerto in favore del Bangladesh.
Molti dicono che il gruppo si sia sciolto con l'avvento di Yoko Ono, che come tutti sanno ha sposato John Lennon: a mio parere, esistevano già dei contrasti all'interno della band, perché le due personalità più forti, cioè gli stessi Lennon e McCartney, avevano idee diverse sulla prosecuzione della carriera dei Beatles, che l'avvento della moglie del primo non ha fatto altro che acuire, perché, per così dire, “distrasse” lo stesso Lennon dall'attività con i Beatles (visto che nacquero dei progetti paralleli con la “Plastic Ono Band”) e perché John voleva che Yoko fosse coinvolta sempre di più all'interno delle esibizioni del gruppo.
Questa naturalmente è la mia opinione, poi ognuno è libero di pensarla come vuole.
Dopo questa digressione, se torniamo un attimo alla tensione dei Beatles verso l'innovazione, non possiamo non citare a questo proposito l'uscita nel 1966 di “Pet Sounds”, l'album dei Beach Boys che rappresentò l'ultima frontiera in fatto di sperimentazione: questo spinse Lennon a dire che era necessario fare riferimento proprio a questa fatica discografica per creare qualcosa che stupisse gli ascoltatori.
In realtà, a ben guardare, si trattò di un'influenza vicendevole, perché i due gruppi si influenzarono appunto a vicenda, “scambiandosi” le idee e le scelte a livello di sound e composizione.
Quando parliamo dei Fab Four, non possiamo non considerare due figure immensamente importanti per loro. La prima è Brian Epstein, la persona che, dopo averli ascoltati al “Cavern” di Liverpool credo nel 1961, decise che sarebbe stato il loro manager: le scelte che fece in termini strettamente manageriali e di immagine fecero spiccare il volo al gruppo, almeno agli inizi, perché, dopo la decisione dei suoi sottoposti di non esibirsi più live dal 1966 in poi, compromise in qualche modo un rapporto che era stato idilliaco fino al quel momento. Con i suggerimenti di Epstein, il look “selvaggio” degli inizi tedeschi fu sostituito da un'immagine più raffinata, con completi eleganti e capelli a caschetto, cosa che spinse il manager dei Rolling Stones, Andrew loog Oldham, a rendere a mettere il suo gruppo in contrapposizione ai Beatles stessi, con un look più “trasandato”, testi più lascivi e riferimenti alle sostanze proibite.
Questa contrapposizione fu in realtà più un'invenzione che la realtà, tanto che le due band arrivarono a scambiarsi delle canzoni e si rispettavano vicendevolmente.
Da parte mia, su questo argomento, la penso così: i due gruppi semplicemente non possono essere paragonati, perché si parla di due tipi di musica diversi, dato che i Beatles sono partiti dal rock and roll per arrivare all'avanguardia, mentre i Rolling Stones sono partiti dal blues per arrivare al rock and roll.
La seconda persona che svolse un ruolo fondamentale nella carriera dei Beatles fu sicuramente George Martin, colui che con la sua immensa cultura musicale contribuì alla perfetta orchestrazione dei brani del gruppo, creando linee melodiche spesso composte da fiati ed ottoni, che contribuivano a legare le melodie “grezze” create dai quattro artisti. Il suo apporto fu fondamentale, soprattutto quando i Beatles arrivarono all'avanguardia, spingendosi sempre più avanti in termini di sperimentazione: un esempio calzante a questo proposito, secondo me, è il “White Album”, che contiene al suo interno una trentina di canzoni, una diversa dall'altra. In quel momento, la creatività della band era secondo me ai massimi livelli, tanto che inizialmente lo stesso George Martin aveva pensato di far uscire un album doppio. Io prendo sempre ad esempio il brano “Helter Skelter”, che molti considerano la prima canzone heavy metal della storia.
A livello personale, se devo dire l'album dei Beatles che preferisco, mi trovo in seria difficoltà, perché ogni loro fatica discografica ha avuto un grandissimo riscontro in termini di critica e soprattutto di pubblico, rappresentando qualcosa di unico nel panorama musicale del tempo in cui è stato pubblicato.
Posso eventualmente sbilanciarmi dicendo che mi piacciono tre album in particolare, cioè “Rubber Soul”, “Revolver” e “Abbey Road”: di questi dischi posso dire che amo incondizionatamente ogni singola canzone e che mi sembra che ognuna di esse sia collocata al posto giusto nel momento giusto, come se i tempi fossero realmente maturi per avere una musica di quel tipo.
Non ho citato il “White Album”, perché, pur essendo molto bello nella sua estrema complessità, è fin troppo ricco per i miei gusti e faccio fatica ad ascoltarlo interamente, tutto di un fiato.
Per molti i Beatles sono stati il più grande gruppo rock della storia, ma io non amo le classifiche, amo la musica fatta bene, che fa godere le orecchie, la mente ed il cuore dell'ascoltatore. Nella storia ci sono state molte grandissime band: io per esempio, venero i Led Zeppelin e li considero i migliori, ma si tratta di un' opinione personale.
Posso dire che, se proprio dovessi essere costretto a stilare una classifica dei migliori gruppi rock di sempre, posizionerei i Beatles sicuramente sul podio.
In questo articolo non sono entrato nello specifico di ogni album, perché per farlo ci vorrebbero almeno cinque pezzi: ho cercato di delineare la figura dei Beatles nelle sue sfaccettature principali, integrando il tutto con ciò che hanno rappresentato e rappresentano per me.
Ritengo un peccato sia il fatto che abbiano deciso di smettere di esibirsi live dopo soli tre anni dal primo disco e che si siano sciolti dopo soli sette anni di attività: probabilmente, mettendola un po' sul ridere, si erano “spremuti” troppo, concentrando tutta la loro creatività in quel breve lasso di tempo, per poi trovarsi a corto di idee rivoluzionarie.
Vero è che ciascuno di loro ha avuto una carriera solista dopo lo scioglimento del gruppo: la più brillante di tutte è stata secondo me quella di George Harrison, che, finalmente libero dai vincoli imposti dall'appartenenza ad un gruppo così “ingombrante”, ha potuto sviluppare appieno la sua vena creativa, arrivando anche a creare un supergruppo, i Traveling Wilburys, insieme a grandi nomi, quali Tom Petty, Bob Dylan, Roy Orbison e Jeff Lynne. Devo ammettere che adoro il suo primo album da solista dopo lo scioglimento dei Beatles, “All Things Must Pass”, per la varietà di soluzioni compositive e sonore ivi presenti.
Una domanda che mi pongo a volte, e qui chiudo, è: “Se fossero andati avanti a comporre negli anni '70 sarebbero diventati un gruppo progressive o un gruppo punk?”. Questo per la loro capacità di assorbire e fare proprie tutte le nuove sonorità che il mondo della musica offriva in un determinato periodo di tempo.
Oppure sarebbero arrivati a realizzare un album che contenesse al suo interno entrambi questi generi, visto il loro gusto per la commistione di stili.
Non lo sapremo mai, e per me è meglio così, perché tutto ciò che ci hanno offerto è stato indimenticabile, ed il fatto di proseguire controvoglia avrebbe potuto portare ad album non così eccezionali, pur essendo tutti e quattro gli artisti dei fenomeni: preferisco che abbiano concluso la propria carriera insieme con il celeberrimo concerto sul tetto degli studi della Apple, ribattezzato “The Rooftop Concert”.
Finché è durato, è stato bellissimo, grazie.
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