Nuova recensione a cura di Massimo Comi, oggi parlerà del brano "Hijab" di Mico Argirò, che vanta il featuring con Pietra Montecorvino. Come molti sanno l'Hijab è il velo che le donne islamiche si allacciano sotto il mento, per coprire il volto e le spalle.
Tutto lo sviluppo della canzone di Mico Argirò è giocato astutamente e maliziosamente sulla ripetizione di questa parola, quasi “magica”, che si ripresenta più e più volte all'interno del testo, per descrivere attraverso i suoi movimenti ed i richiami ad esso una notte d'amore trascorsa con una ragazza islamica.
Il testo stesso è in alcuni punti piuttosto esplicito: l'autore ha voluto esprimersi il più liberamente possibile, sganciandosi anche un po' dalla morale e dal “politically correct” che regnano di solito nelle canzoni d'amore, in cui questa parola fa spesso rima con “cuore”.
A livello di sonorità, l'intreccio è piuttosto interessante, perché abbiamo una base di chitarra acustica, accostata ad un beat elettronico e sintetizzato, con il flauto traverso che si inserisce in alcuni punti della canzone.
L'utilizzo della chitarra acustica si colloca nel contesto di un certo tipo di cantautorato, che parla d'amore in modo libero ed insolito, stimolante ed invitante: ascoltandone lo sviluppo, mi è venuto in mente Edoardo Bennato, grande esponente della tradizione napoletana, il cui fratello Eugenio, casualmente, ha registrato la voce di Pietra Montecorvino, la quale nel finale della canzone si va ad alternare e sovrapporre a quella di Mico, quasi rappando in dialetto, appunto, napoletano. Devo ammettere che, quando ho sentito la voce di Pietra, mi sono venuti subito alla mente i 99 Posse, che con la vocalità di Meg hanno costituito uno dei gruppi fondamentali per il contesto rap italiano e napoletano.
Insomma, tirando le fila del discorso, la canzone che fa da oggetto a questa mia recensione ha un discreto numero di elementi per stupire ed attrarre l'ascoltatore, che spaziano dal mix di elementi sonori, alla mescolanza di una parte cantata con una parte parlata e rappata, per arrivare poi al testo, che non pone limiti all'immaginazione.
L'autore ha voluto utilizzare in questa particolare canzone un nuovo approccio musicale, che si distinguesse un po' dal classico cantautorato chitarra-voce, ma che invece creasse un mix tra una parte acustica ed una elettronica.
Devo dire che il risultato finale è certamente apprezzabile: il brano risulta gradevole da ascoltare ed intrigante nella sua parte finale, per la sovrapposizione delle due voci, che hanno un modo di cantare completamente diverso, uno più rilassato e tranquillo e l'altro più grezzo e violento.
Forse l'unica pecca che si può sottolineare è la breve durata del pezzo, che è sotto i due minuti: probabilmente, alla base di questa scelta c'è stata l'intenzione di non stancare l'ascoltatore, di creare un brano il più diretto e rapido possibile, che potesse arrivare in modo immediato all'ascoltatore, senza inutili ripetizioni di concetti già espressi e ulteriori allusioni.
In conclusione, posso affermare senza dubbio che Mico Argirò ha buone doti vocali e chitarristiche e che non ha paura di affrontare argomenti scottanti, che le persone comuni potrebbero considerare un po' “scandalosi”: il messaggio di cui egli vuole farsi portatore è che l'amore non ha barriere etniche o di religione, ma che ci si può amare anche se non si è dello stesso Paese e non si crede nello stesso Dio. Parlando a titolo personale, mi ha intrigato in modo particolare un verso, cioè “Se mi trova tuo padre mi ammazza e ha ragione”, quasi che il rapporto sia stato consumato in modo clandestino, di nascosto, quasi che il protagonista del racconto del brano fosse combattuto tra la voglia di compiere l'atto d'amore e la paura delle conseguenze di questo stesso atto.
La parte finale sembra in qualche modo sciogliere questa tensione, questa ambivalenza, dicendo che l'amore vero “non conosce nazione, non conosce regione, ma è dialetto e canzone”, paragonando l'atto d'amore a quello di comporre una canzone in un dialetto particolare: come non si può fermare la musica, non è possibile fermare l'amore vero tra due persone.
Devo dire che la conclusione del pezzo, oltre ad avermi sorpreso, mi ha anche affascinato, perché mostra la forza universale dell'amore, che può diventare musica e lingua, andando oltre le barriere imposte dalle convenzioni personali e sociali.
Tante volte, gli amori più contrastati sono quelli più autentici e la canzone di Mico Argirò sembra testimoniarlo in maniera inequivocabile, con la forza delle parole e della musica.
Se io fossi in voi, spenderei sicuramente due minuti del mio tempo per ascoltare questo brano, perché secondo me ne vale la pena e per il fatto che non stanca, ma intriga e tiene su di giri, riuscendo anche ad emozionare per l'intensità dei sentimenti espressi.
Mico Argirò - Hijab - ft Pietra Montecorvino
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