Una nuova recensione che arriva direttamente dalla penna di Massimo Comi e questa volta andrà ad analizzare un intero album, in occasione del primo anniversario di "Radioattivo" dei Loverdose.
Una delle prime cose che mi ha colpito quando ho ascoltato l'album è stata la lunghezza di alcune canzoni, superiore ai 5 minuti, fatto inusuale per la musica italiana di questi tempi.
I Loverdose (nome molto interessante, dato dalla crasi tra “Love” e “Overdose”) mostrano dunque di avere coraggio e non temono che l'ascoltatore si annoi e passi oltre. In effetti sono pochi i momenti di noia in questo disco, perché i brani sono tutti ben strutturati e ben arrangiati, con una chitarra elettrica che domina, con le proprie sonorità pulite, ma talvolta anche aggressive e potenti.
Il disco sembra essere la rappresentazione di un amore tormentato per una donna, dato che i testi delle canzoni sono dominati dal racconto degli sviluppi e dei momenti caratterizzanti il rapporto con lei.
Prevale un ritmo ben cadenzato e coinvolgente, con la batteria che si fa sentire molto, accompagnando in modo efficace gli slanci della chitarra. Il gruppo concede poco spazio alle ballate, pur trattandosi di un disco incentrato su una storia d'amore: significativa in questo senso è la canzone “Un attimo di te”, in cui il ritmo incalzante delle canzoni precedenti si prende per un momento una pausa, raccontando lo struggimento insito in questo rapporto complicato; molto bello ed emozionante è l'assolo finale di chitarra, che va a completare ed a chiudere il cerchio sulle sensazioni destate dal testo e raccontate dalla melodia.
La maggior parte delle canzoni sembra seguire uno stesso canovaccio, una stessa linea di chitarra di base, che viene poi sviluppata con alcune variazioni nelle varie canzoni.
La canzone “Notti” appare con un mix abbastanza riuscito tra una ballata ed una canzone puramente rock, con la chitarra che si irrobustisce e con una batteria che scandisce il ritmo in modo puntuale e preciso: il brano sembra addolcirsi e rallentare, per poi prendere di nuovo abbrivio, ma sempre mantenendo quella calda emotività che lo caratterizza.
Quel che è certo è che, nonostante tutte le difficoltà, il protagonista della storia narrata dal disco non si arrende: il titolo della canzone successiva è infatti “Io non mi arrendo”, canzone che va a concludere il disco. Anche se la donna amata al momento non c'è, egli continuerà intimamente ad amarla e a ricercarla.
Quella che mi sembra una leggera debolezza dell'insieme è la voce, la quale appare più adatta a cantare brani struggenti, malinconici, per il suo timbro graffiante e per il suo tono un po' basso.
A mio parere, per cantare canzoni così ritmate sarebbe stata necessaria una vocalità maggiormente “squillante”, dai toni più alti: non è un caso che, a mio parere, la voce del cantante funzioni di più quando i ritmi rallentano un po', come nella già citata “Notti” e nella canzone d'apertura “A26”.
L'album sembra proprio dettagliare lo svolgersi di una storia, perché all'inizio il protagonista dice che sta andando dalla sua amata per incontrarla, ma nel corso del disco subentrano delle difficoltà, che rendono il rapporto più complesso e difficile, portando lo stesso protagonista, come detto, ad affermare che nonostante tutto lui non molla.
L'amata appare un po' restia a rimanere, perché il ragazzo che la corteggia parla spesso del fatto che lei se ne va.
Si può quindi dire che la struttura complessiva del disco sia buona, con degli stralci di chitarra e batteria molto potenti e trascinanti, a cui non sempre la voce tiene testa. Non sto dicendo che questa sia inascoltabile, ma solo che in alcuni tratti appare arrancare nello seguire i ritmi trascinanti della melodia.
Secondo me, una voce meno profonda e gutturale, che a volte sembra mostrare dei cali, sarebbe stata più adatta ed avrebbe dato quella spinta in più al disco, che comunque, guardando a quello che musicalmente c'è in giro adesso in Italia, resta una spanna sopra, un sano tentativo di fare del genuino rock and roll, cercando di raccontare lo sviluppo di una storia d'amore, con la linearità della chitarra e le variazioni della batteria.
Ciò che mi piace di più è la presenza in quasi tutte le canzoni di assoli di chitarra, che danno modo allo strumento e a chi lo suona di sfogarsi liberamente, esprimendo tutto ciò che ha dentro.
Analizzando l'insieme dell'album, non si nota alla fine nulla di particolarmente nuovo e fantasioso, ma esiste come detto uno sforzo di comunicare i propri sentimenti attraverso un sincero rock and roll, che a tratti mostra degli slanci più che apprezzabili.
Il giudizio sul disco è quindi discreto, perché ci sono in esso dei momenti piuttosto esaltanti, in cui la chitarra e la batteria danno il meglio di sé. Nel complesso, c'è un tentativo di uscire dagli schemi predefiniti di certa musica rock, che di per sé va premiato, ma a livello complessivo il disco appare un po' “appiattito” su linee melodiche predefinite, che fanno un po' da base a tutte le canzoni.
Ciò non significa che il risultato complessivo sia scarso, ma che il gruppo ha in sé le potenzialità per fare ancora di più, andando ulteriormente “oltre” ed insistendo sulla forza della chitarra e della batteria, con una voce più “pulita” e forte.
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complimenti