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Immagine del redattorePaKo Music

Intervista a Quaalude

Aggiornamento: 10 dic 2020

Oggi intervistiamo una band pop rock con la passione in comune per la musica rock made in UK. Parliamo direttamente con loro per capire meglio chi sono e saperne di più sulla loro musica e i loro progetti.

Quaalude

- Ciao ragazzi, benvenuti e piacere di conoscervi. Complimenti per il brano.

Presentatevi ai nostri lettori e spiegateci il significato del nome della band.

Ciao! Noi siamo i Quaalude, una band alternative rock. Siamo Noemi (voce), Federico (chitarra), Erik (chitarra), Cece (basso) e Marco (batteria) e condividiamo la passione per le rock made in UK (tra gli altri The Cranberries, U2 e Oasis). Il nome è di fatto una citazione del film “The Wolf of Wall Street”. Il Quaalude, citato nel film e utilizzato dal protagonista, era un farmaco ad azione sedativo-ipnotica che veniva utilizzato negli anni ’60 per trattare l’insonnia. Tuttavia, si è scoperto nel tempo che, se dopo l’assunzione non ci si addormentava, questa sostanza dava euforia ed è stata quindi ritirata dal mercato perché veniva utilizzata come sostanza stupefacente. Ci piaceva questo lato nascosto, della scoperta di un effetto inaspettato, come la nostra musica, inaspettata sul panorama musicale italiano.


- Quando e come vi siete avvicinati alla musica e successivamente avete formato la band?

Tutti noi ci siamo avvicinati al mondo della musica fin da piccoli, ognuno per conto suo. Abbiamo poi creato questo progetto nel 2014, ma da allora la formazione è cambiata. Alcuni di noi si conoscevano già, altri invece sono entrati a far parte del gruppo grazie ad annunci su un noto sito dedicato ai musicisti. Ovviamente la condivisione della passione e l’intesa a livello personale rappresentano fattori fondamentali per poter tenere in piedi il progetto.

La formazione attuale sembra essere la combinazione vincente, ci sentiamo molto affiatati e uniti.


- Cosa rappresenta per voi la musica? E perché fate musica?

La musica è la passione della nostra vita. Tutti noi portiamo avanti percorsi di studio e lavorativi per poterci mantenere quotidianamente, ma fare musica è una parte importante di noi. Facciamo musica perché è la spinta interiore che sentiamo per poterci esprimere. Ci piace, ci entusiasma e in qualche modo ci completa come persone. Vorremmo poterci dedicare solo a questo in futuro e farne la nostra professione.


- Parliamo del vostro inedito “Simplicity”. Davvero molto bello, raccontateci quando l’avete scritto e il significato?

Simplicity era in cantiere da tempo, ma per il tema che tratta doveva maturare. La linea di chitarra e il testo sono stati pensati già due anni fa, ma è stato solo l’anno scorso il momento giusto per svilupparla, anche grazie al lavoro di produzione.

Simplicity parla di quel momento in cui ti accorgi che una persona a cui vuoi molto bene fa una scelta di vita diversa dalla tua e, per il suo bene, devi lasciarla andare. Non solo, questo brano parla anche di come sia difficile sentirsi diversi “dalla massa”, avere desideri e aspettative differenti e di quanto sia doloroso ammetterlo e accettarlo ma necessario per essere se stessi. La canzone però ne dà un’interpretazione positiva: Simplicity racconta di amicizie e amori veri, del rispetto di sé e dell’altro, dell’onestà verso se stessi e verso chi amiamo.

cover "Simplicity"

- Quali sono gli artisti che hanno maggiormente influenzato il vostro modo di fare musica o nel canto?

La nostra identità musicale è ben distinta e caratterizzata da atmosfere brit e internazionali. Di conseguenza le nostre fonti di ispirazione principali sono band made in UK: sia quelle più classiche (i già citati The Cranberries, U2 e Oasis) che quelle più attuali (come Arctic Monkeys, Editors,Two Doors Cinema Club).

Ognuno di noi poi ascolta generi anche molto diversi tra loro e questo ci permette di personalizzare in modo del tutto unico la nostra musica.


- Quali sono le vostre più grandi soddisfazioni e quali invece le delusioni?

Di soddisfazioni ne abbiamo portate a casa diverse negli anni. Sicuramente aver creato un album, averne un secondo in uscita (11 dicembre 2020), sentire che il pubblico apprezza la nostra musica quando suoniamo dal vivo, aver vinto diversi contest musicali ed esserci quindi potuti confrontare con giudizi e recensioni di numerosi musicisti, che ci ha permesso di crescere e migliorare costantemente.

Delusioni per il momento ce ne sono state poche, ma una sicuramente è importante: sentirsi dire “le vostre canzoni sono belle, ma perché non le fate in italiano?”. La musica non dovrebbe dipendere dalle tendenze commerciali, se una cosa è bella, è bella.

- Descrivete la vostra musica con un aggettivo?

Internazionale.


- Partecipereste a qualche talent show o magari al Festival di Sanremo?

Per quanto riguarda i Talent, ci abbiamo pensato diverse volte negli anni. Sicuramente partecipare a un Talent ci farebbe crescere come gruppo e ci metterebbe alla prova, ma per il momento vogliamo continuare a costruire il nostro progetto senza vincoli.

Rispetto al Festival di Sanremo, invece, ci siamo iscritti proprio quest’anno a Sanremo Rock perché accettavano anche brani in lingua straniera. Con l’Emergenza Covid-19 non sappiamo se sarà possibile sostenerlo.


- Progetti per il futuro?

Continuare a scrivere musica, a crescere, a migliorare e a divertirci. Persino la pandemia non è riuscita a fermarci e a distanza continuiamo a scrivere nuove canzoni e a sperimentare nuovi suoni. Siamo determinati a farci conoscere e a suonare la nostra musica.


- Dove vi vedete tra una decina di anni? Immaginate per un momento il futuro.

Ognuno di noi ha un sogno nel cassetto rispetto a dove vorremmo essere tra una decina d’anni, ma tutti concordiamo sulla risposta: vivere di musica, suonare su palchi importanti, sentire il pubblico cantare le nostre canzoni ed emozionarsi e divertirsi insieme a noi.

Sarà realizzabile? Non lo sappiamo, noi ce la mettiamo tutta perché il nostro sogno si avveri.

Quaalude

- Stiamo vivendo un periodo storico tutti quanti, sotto diversi punti di vista. Il Covid-19 ci ha obbligato a rimanere a casa per due mesi circa. Come state vivendo tutta questa situazione, come artisti ma anche come persone?

Non è un periodo facile, anche se noi siamo sicuramente fortunati, per il momento non abbiamo subìto perdite e nessuno di noi è stato contagiato. Teniamo alta la guardia e proviamo ad andare avanti con la vita di tutti i giorni, per quanto sia diversa dal solito.

Come accennato prima, il Covid-19 ha cambiato le nostre vite ma non ci ha fermato. Stiamo vivendo un secondo lockdown essendo tutti residenti in Lombardia ed è faticoso limitare i contatti e non poter suonare insieme. Ci sentiamo regolarmente, continuiamo a scambiarci materiale musicale nuovo, restiamo creativi. Il vuoto che lasciano le limitazioni della quarantena lo riempiamo con nuove idee.


- Siamo arrivati a fine intervista… Domanda a scelta. C’è qualcosa che non vi ho chiesto ma avreste voluto vi chiedessi? Potete farvi una domanda e rispondere.

Forse la domanda che si fanno i lettori è “Perché i Quaalude cantano in inglese?” ed è comprensibile, visto che siamo italiani. Cantiamo in inglese perché tutti noi abbiamo una predilezione per la musica anglosassone e perché è una lingua internazionale, che non ha confini geografici e/o culturali. L’inglese è una lingua incredibilmente melodica e musicale, le nostre canzoni già nascono mentalmente, ancor prima di metterci le parole, in inglese, proprio nella loro struttura, che è molto diversa da quella italiana. Ci identifichiamo profondamente con il modo di cantare inglese e ne siamo orgogliosi. Per questo rappresenta una delusione sentirsi dire che è bello ciò che facciamo ma che in Italia non ha futuro perché non sono scritte nella nostra lingua. Altri stati europei non hanno questi vincoli e sono molto più accettate band nazionali che cantano in una lingua straniera. Ci auguriamo che in futuro questa cosa possa cambiare anche in Italia.

Cogliamo anche l’occasione per ringraziarvi per questa bella intervista!


 

Quaalude - Simplicity


 

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