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Intervista a Mico Argirò

Aggiornamento: 9 ott 2020

Oggi è con piacere che intervistiamo un ragazzo particolare, Mico Argirò, un cantautore che ha tante storie da raccontare e lo fa attraverso le sue canzoni.

Andiamo subito a conoscerlo, facendo due chiacchiere con lui.

Ciao Mico, piacere di conoscerti e benvenuto in PaKo Music.

- Presentati brevemente e spiegaci come ti sei approcciato alla musica?

Ciao a tutti, piacere, sono Mico, mi sono approcciato alla musica molto presto perchè fin da piccolo mi si illuminavano gli occhi quando qualcuno suonava la chitarra, che fosse Toto Cutugno in televisione o i miei zii con gli amici che suonavano improvvisando alle cene.

Mi sono innamorato subito e ho capito che con le canzoni e la musica riuscivo ad esprimere meglio quello che avevo dentro. Così ho iniziato a suonare da solo, ho studiato solo qualche anno dopo e poi ho iniziato a scrivere canzoni… ed eccomi qua, a raccontare qualcosa di me e del mondo intorno a me in questo modo.

Un po’ per tutti la musica è capace di dare molte soddisfazioni ma è capace anche di farci soffrire. Qual è stata la tua più grande soddisfazione fino ad oggi?

Potrei raccontarne tante, come potrei raccontare anche tante sofferenze, devo dire, però, che mi ritengo abbastanza fortunato nel mio cammino artistico. Potrei raccontare di quella volta davanti a un bar di Roma che si avvicinò uno a chiedermi se fossi l’autore de “Il Polacco” oppure un tizio nella metro a Milano che beccai con una mia maglietta oppure una grande soddisfazione di questi giorni: vedere quante persone stavano ascoltando contemporaneamente la mia canzone, sapere di essere in così tanti momenti della vita di qualcuno mi emoziona.

Secondo te, al giorno d’oggi, la musica è più gioia o dolore?

Secondo me la musica è gioia, anche quando provoca dolore. Molto spesso si scambia per dolore derivato dalla musica ciò che invece non deriva da essa, ma dall’ambizione, dalla società, dai costrutti mentali, dal business… La musica è cura ai mali, è catarsi, è espressione: in quest’ottica anche il dolore è positivo.

Quali sono i tuoi artisti preferiti o coloro che ti hanno portato ad amare la musica e ti hanno influenzato di più?

Sono cresciuto con la musica dei cantautori italiani, soprattutto De Andrè che per me è stato fondamentale (ancora oggi cerco di non mancare ad ogni cantata anarchica a Milano), poi ho iniziato ad espandere tanto gli ascolti: dalla musica popolare fino al rock, al grunge che ho scoperto tardi, alle musiche del mondo, dai compositori sperimentali alla musica medievale.

Credo che nelle mie cose si possa sentire un po’ di tutto questo, magari molto rimescolato dal mio sentire.

Ora vorrei parlare del tuo ultimo singolo, uscito da poco, è Hijab ha delle sonorità particolari, orientali. Se non ho capito male anche il testo è molto particolare. Vuoi parlarcene? Di cosa parla e com’è nata?

Hijab è una canzone strana, anche nella mia produzione. Racconta di una notte di sesso con una ragazza che indossa il velo islamico e lo fa in maniera insieme irriverente e romantica, mischiando tre lingue: arabo, dialetto campano e italiano.

Musicalmente l’idea mi è venuta in un bar che spesso frequento, dove la clientela è esclusivamente straniera e si fuma il narghilè; passano sempre dalle casse una musica orientale però moderna, disco, col beat...e ho pensato di provare a fare una cosa simile per raccontare qualcosa di mio.

Tra l’altro, vanti una collaborazione importante, un featuring con Pietra Montecorvino. Com’è nata questa collaborazione?

Pietra è una delle voci più belle e particolari nella storia della musica napoletana, quando le ho proposto di cantare in questo pezzo ha subito creduto nel progetto e la ringrazio di cuore per questo e anche per aver coinvolto Eugenio Bennato. Volevo, attraverso la sua voce, esprimere qualcosa insieme di passionale, violento, selvaggio… spero si senta nell’incontro tra le nostre voci.

Copertina HIJAB

Sappiamo anche che il 5 ottobre uscirà il videoclip del brano, e ci sarà la partecipazione di un volto noto, Alvaro Vitali. Vuoi raccontarci qualcosa in più?

Sarà un video assurdo, mi sono divertito tantissimo a girarlo… tanti elementi, un po’ video rap, un po’ scollacciato in stile b-movie (con Anna Montella, una modella bellissima) e col tocco d’arte del grande Alvaro Vitali, che è un mito ed è una fonte di ispirazione.

La regia è di Andrea Ranaldo che ha confezionato un piccolo gioiello.

Spero vi diverta come ha divertito noi.

Dove prendi l’ispirazione per nuovi brani? Hai già un nuovo brano da farci ascoltare o stai lavorando a un album?

Ho finito in questi giorni di lavorare a un gruppo di canzoni che vorrei facessero parte di un album, nei prossimi tempi sicuramente ne ascolterete un’altra molto diversa da Hijab.

Sono pezzi in cui sperimento un po’ nella forma canzone e nei suoni, tra l’acustico e l’elettronico, troverete molte collaborazioni importanti e particolari.

Io cerco di raccontare il mio presente e il mondo intorno a me e, negli ultimi anni, tanto è cambiato sia a livello macroscopico che proprio nella mia vita. Racconto questo, con un po’ di irriverenza e tanta passione.

Proporresti un tuo brano a Sanremo? Tra quelli che hai pubblicato fino ad oggi quale avresti voluto portare a Sanremo?

Lo proporrei anche subito. Innanzitutto per suonare con quell’Orchestra fantastica e poi per tutto quello che Sanremo comporta. Ben più difficile è forse trovare un pezzo adatto, dato che la linea che si persegue nel mainstream poco si intreccia con quello che faccio.

Non credo che nessuna delle canzoni che ho fatto fin’ora sia Sanremese, forse in futuro!

Cosa vuoi comunicare alla gente che ti ascolta con le tue canzoni?

Raccontando una storia si esprimono sempre delle emozioni, che sono diverse per ogni canzone, per ogni momento anche… io cerco di esprimere quello che ho dentro, un mondo personale fatto di sentimenti a volte estremi e altre più meditati. Quando succede che qualcuno si rivede in quello che scrivo penso che, in fondo, nonostante tutte le differenze che ci rendono diversi (che è una cosa assolutamente positiva), condividiamo il modo di “sentire” il mondo ed è una cosa bellissima.

Mico Argirò

Stiamo vivendo un periodo storico tutti quanti, sotto diversi punti di vista. Il covid19 ci ha obbligato a rimanere a casa per due mesi circa. Come hai vissuto quel periodo? Cosa hai fatto in quei mesi?

Sono stati mesi strani, ho avuto la possibilità di passarli ad Agropoli a casa con la mia famiglia e non li ho passati malissimo: mangiavo tanto, bevevo… certo non l’ho presa di buon grado per vari motivi: il primo empatico nei confronti di chi stava soffrendo, il secondo riottoso.

Di sicuro è un momento storico che ha influenzato le nostre vite e, chiaramente, entrerà nell’arte del periodo; io ho cercato di non farmi succhiare l’anima dal decervellamento imperante, dai commenti su Facebook, dalla delazione, dalla disumanità, dalle tendenze dittatoriali, dalla sconsideratezza di qualcuno.

Già è tanto che sia qui.

Siamo arrivati a fine intervista… Domanda a scelta. C’è qualcosa che non ti ho chiesto ma avresti voluto ti chiedessi? Puoi farti una domanda e risponderti.

Signor Marzullo, non saprei cosa chiedermi… forse mi chiederei di uscire.


 

Mico Argirò - Hijab - (feat. Pietra Montecorvino) -Video Official -


 

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