La seconda intervista è dedicata ad un ragazzo dell'Irpinia ma, stabilizzato a Roma da un po' di tempo. Un cantautore ma non solo, tastierista, produttore di musica indie rock ed elettronica, il tocco che non deve mai mancare.
Si definisce così, lui è un "musiconauta in viaggio nello spazio profondo".
Ciao FAIA, grazie per esser entrato a far parte delle playlist di “PaKo Music” e di aver portato il tuo sound particolare anche a noi.
⁃ Presentati brevemente e spiegaci come ti sei approcciato alla musica, al tuo strumento e al genere che fai?
Ciao a tutti, sono FAIA e sono un cantautore, tastierista e producer. Potrei definirmi come “un cuore rock imbrigliato in un circuito elettronico”. La musica è la mia compagna di vita, una ragion d’essere. L’atto creativo è un’esigenza dalla quale non posso fuggire, per questo scrivo moltissime canzoni: esse rappresentano un segno tangibile di me in questo mondo, una sorta di “lascito”. Creare qualcosa che non è mai stata fatta prima mi dà una pienezza di senso, uno scopo, uno stimolo.
Riguardo il mio approccio alla musica, suono praticamente da tutta vita: mi sono avvicinato allo studio del pianoforte all’età di circa 5 anni, musica classica, fino all’adolescenza; poi da teenager sono passato al rock e alle prime band e ho fatto svariati concerti, ne ho perso il conto. Inizialmente erano tutte cover band, però nasceva dentro di me una sempre più impellente esigenza di creare qualcosa di mio. Ho una gran fantasia, curiosità di sperimentare, quindi il creare mie canzoni è stato un processo molto naturale. Nasco come tastierista, quindi la musica elettronica ha subito esercitato un fascino magnetico su di me. Così ho sempre cercato di coadiuvare le mie due anime: quella rock e quella elettronica, senza tralasciare i fondamenti della musica classica, il primo genere che abbia mai conosciuto. Per affinarmi, ho approfondito studi di produzione musicale in modo da essere il più indipendente possibile nelle mie creazioni. Tendo a tenere tutto sotto controllo e mi piace rendere la mia musica il più vicino possibile all’idea di sound con cui l’ho concepita.
⁃ Come nascono le tue canzoni? Hai un momento della giornata in cui ti senti più vicino alla musica e quindi più creativo?
Le mie canzoni nascono in un certo senso “già fatte” nella mia testa. Parto quasi sempre dalla musica: è come se avessi stampato nel cervello già le partiture, le armonizzazioni, gli arrangiamenti. Mi piace fare questo esempio: immaginate che la musica esiste già in un suo Iperuranio ideale, compiuta e completa… ecco, io fungo da Demiurgo, dò concretezza a un qualcosa che già esiste in un mondo “altro”. Mi risulta molto facile creare canzoni. Non chiedetemi il perché, non lo so, so solo che anni di studio mi hanno certamente agevolato. Per il resto, credo sia una dote naturale.
In realtà per me ogni momento della giornata è buono per fare musica. A volte mi escono motivetti anche quando sono in giro e li registro sul cellulare facendo sia la melodia che il basso con la voce per avere idea delle armonizzazioni. Anche se la notte è la mia compagna, il momento in cui scrivo maggiormente.
⁃ Di cosa parlano i tuoi testi? Dai più importanza al testo o alla musica?
Come dicevo parto dalla musica, credo che la musica abbia un 51% di importanza, le parole il 49%. È una percentuale quasi simile, tuttavia una canzone senza parole resta sempre una canzone, mentre parole senza musica diverrebbero poesia, prosa, ma non più canzone. È una questione quasi matematica. Tuttavia per me le parole hanno grande importanza, sono laureato in comunicazione e conosco bene il peso delle parole. I miei testi non parlano mai di “sole, cuore e amore”. Non ho la presunzione di definirmi un artista impegnato, ma mi piace parlare di introspezione, di società, di rapporti interpersonali complessi, dei nuovi modi di comunicare… e di Universo (sono un grande appassionato di astronomia!). Il mio primo album, Vuoto Sincronizzato, racchiude tutto ciò. Immaginate le persone come dei pianeti persi in un grande vuoto, come persone perse nella società: sembrano tutti isolati, in realtà c’è una grande interconnessione tra loro. Mi piace usare questa frase: in questo grande Vuoto siamo tutti Sincronizzati.
⁃ Hai un cantante o una band come punto di riferimenti e che ti ha in qualche modo influenzato nel tuo percorso?
Ho vari riferimenti sia italiani che stranieri. L’elenco è lunghissimo. In Italia ho inizialmente seguito i grandi cantautori quali De Andrè, Guccini, Battisti, ma grande influenza su di me hanno avuto i Litfiba, i CCCP-CSI, i Bluvertigo, i Subsonica e i Verdena (rigorosamente in ordine temporale). Tra gli stranieri, inizialmente i grandi classici del rock come The Doors, Deep Purple, Led Zeppelin, poi la new wave, David Bowie, Joy Division, The Cure, Bily Idol ecc. Ho una sorta di timore reverenziale per i Queen tanto sono stati grandi. Sul pop storico, Micheal Jackson, vera icona. Poi il grunge, Nirvana, Pearl Jam… e che dire dei Placebo e degli Editors? Li adoro. I Red Hot Chili Peppers, i Muse, anche il “love metal” dei primi HIM. Ce ne sono troppi, ma non posso non citare dei veri maestri, idoli assoluti, i Depeche Mode. Non seguo molto il rap, ma mi piacciono molto i Linkin park e i Limp Bizkit. E in Italia, Caparezza, un genio. Della musica italiana attuale seguo con particolare interesse Cosmo e Motta. Mi fermo sennò continuerei per un’ora almeno.
⁃ Quali strumenti suoni e quale preferisci?
Suono il pianoforte e i synth. Il piano (insieme alla chitarra che non suono) è lo strumento più completo per poter comporre. Ma mi piacciono anche altri strumenti: la batteria rappresenta il groove, la base di tutto. Tendo a considerarla unita al basso, è difficile scinderli. Altri strumenti che mi affascinano sono il violino e il violoncello. E il sax. Ma ahimè suono solo piano e synth. Però ad orecchio riesco a strimpellare quasi tutto! Ho quasi l’orecchio assoluto. Quasi, ehehe.
⁃ A quale brano sei più legato e quale ti ha dato più soddisfazioni?
I miei brani sono tutti come dei figli, impossibile avere preferenze. Ognuno ha la sua storia, il suo momento, il suo significato. Diciamo che sono più affezionato ai miei singoli ma solo perché mi hanno dato maggior successo, Un Corpo Davanti e Alice, oltre al più recente Il Cimitero Degli Elefanti. Poi cito anche L’inverno, brano dedicato alla mia terra e ai miei genitori. Ma davvero non ho preferenze.
⁃ Parliamo de “ Il Cimitero degli Elefanti”. Il titolo è molto particolare, come ti è venuto in mente? Di cosa parla la canzone?
Il Cimitero Degli Elefanti è l’ultimo singolo uscito dopo un anno da Alice. L’ho scritto verso febbraio 2019, in un momento particolare. Esso rappresenta il luogo della memoria mio e di ognuno di noi. Il posto dove sono racchiusi ricordi, emozioni, stati d’animo. È una canzone molto personale, ma al contempo un inno generazionale che scava all’interno della condizione giovanile attuale, sempre più in cerca di una direzione. Sembra difficile trovare il senso delle cose; nel nostro percorso di vita tutti abbiamo perso qualcosa, chi l’illusione, chi la fede, altri l’ambizione, l’equilibrio e siamo sempre alla ricerca di uno scopo, in un presente che rischia di riscoprirsi vuoto. In questo marasma, ci sforziamo di proseguire lungo un tragitto che cerchiamo di tracciare, a volte soli, superando ostacoli che sembrano insormontabili e lasciando dietro di noi quel vuoto malinconico. E proprio quando non sembra più esserci un motivo per andare avanti, riscopriamo sensazioni perdute, un abbraccio, “un’emozione che fa esplodere il cuore come una canzone”. A livello più personale, nella canzone elenco tutto quello che ho perso nella mia vita e credo abbiano perso molte persone, giovani e meno giovani. È qualcosa che da me credo possa proiettarsi ad altri che sentono le stesse sensazioni. E qui, trovo rifugio in una canzone, in un abbraccio, nel relazionarmi empaticamente con le persone a cui tengo. Provando a raggiungere anche l’impossibile pur conoscendo le difficoltà e le storture del mondo. “Riuscire a deviare la freccia del tempo” è contro le leggi della natura, ma ci proviamo lo stesso.
A livello musicale, il brano rappresenta una fase 2.0. Il marchio di fabbrica è sempre quello di integrare elettronica e rock con una forte impronta melodica, ma con una evoluzione rispetto all’album Vuoto Sincronizzato. Innanzitutto, ho cercato di dar maggior risalto all’elettronica, pur mantenendo vivo l’impatto chitarristico del ritornello. La strofa mette il risalto il basso distorto, con una vaga influenza new wave. Il riff di tastiere è quello di un poly-synth anni ’80 ed è portante. La vera “rottura” melodica e di arrangiamento del brano, però, è nello special: la canzone si svuota di sonorità analogiche, acquista un ritmo in cassa 4 dance e rimane solo l’elettronica; ma è la voce a dare un mood diverso, diventando un parlato quasi rap.
⁃ Ti occupi anche della produzione o ti affidi a qualcun altro?
Mi occupo anche della produzione, almeno fino alle pre-produzioni (che sono tutte fatte da me). Tendo molto ad avere il controllo della situazione, pur ascoltando i consigli dei miei musicisti (che saluto e cito: Angelo Prudente al basso, Giuseppe Coglitore alla batteria, Mirko Mazza alla chitarra. Poi vorrei menzionare anche Vittorio Vigilante, grande chitarrista, che suona con me da una vita e cura le mie grafiche, e Dira, splendida amica e cantautrice e spesso ai cori). Poi ascolto molto i pareri di amici e della mia famiglia. Oltre a produttori esperti ovviamente.
⁃ Che progetti hai per il futuro? Uscirai con un nuovo album, hai già scritto qualcosa in questo periodo di quarantena? Raccontaci un po’.
Ho in progetto un nuovo album che sarà anticipato almeno da un singolo, se non più d’uno. In realtà l’ho già scritto e pre-prodotto. Le ultime tre canzoni le ho scritte durante la quarantena, molto dura per me. Sono stato totalmente solo, senza contatti con nessuno, per ben due mesi, e questo mi ha segnato molto e creato sofferenza essendo io una persona molto socievole. Ci sono almeno due canzoni che si riferiscono esplicitamente alla quarantena, vista da due prospettive diverse. Spero di poter far uscire presto i nuovi brani!
⁃ Un’ultima domanda che sto facendo a tutti gli artisti che stiamo intervistando.
Siamo in piena emergenza a causa del Coronavirus, abbiamo sentito molti artisti appellarsi al governo chiedendo delucidazioni su quando e come poter ripartire a fare serate, concerti e così via… Vorrei sapere anche il tuo pensiero. Cosa ne pensi?
Sono un tipo molto pragmatico, a volte disilluso, e mi baso sui dati scientifici come bussola di vita. Bisogna dire le cose come stanno. Per noi del mondo dello spettacolo è una situazione drammatica che si risolverà solo col vaccino. Quindi non prima dell’inizio dell’anno prossimo. Fare concerti per poche persone distanziate tra loro non ha quasi senso, si perde il significato di condivisione di emozioni che la musica offre. Tutti gli eventi che implicano assembramenti non saranno possibili, ma proprio per questo mi attendo una risposta forte da parte delle istituzioni nel supportare tutti i soggetti interessati, dai musicisti ai cantanti, dagli attori ai service audio luci, ai booking, gestori dei locali e chi più ne ha più ne metta. La nostra categoria è stata abbandonata come un qualcosa di superfluo, non se ne parla quasi in tv o sulla stampa, e questo è inaccettabile. La musica è la compagna di vita di tutti, non credo esista al mondo una persona che non sia legata almeno ad una canzone. Serve un supporto concreto per gli artisti, è inaccettabile considerarli lavoratori di serie B o addirittura gente che ha un hobby e non un lavoro. Dietro le storie di molti di noi ci sono studio, sudore, investimenti, per alcuni anche grandissimi sacrifici. Non sopporto il chiacchiericcio, mi affido ai dati e valuto solo risposte concrete. Perché senza cultura la società muore, non solo di sete e di fame. Soprattutto in un Paese come l’Italia, che si affida tanto all’arte, la cultura, il turismo.
- Domanda a scelta… Fatti una domanda da solo e risponditi…
Generalmente mi faccio sempre troppe domande e spesso cerco vanamente risposte che non ho. Eviterei di pormene un’altra, ehehe. Sono un tipo che pensa tanto, pure troppo. Ma va bene così.
Faia - Il Cimitero Degli Elefanti
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Una bella voce e ottimo brano. Abbiamo ascoltato anche qualche altro pezzo, davvero un bravissimo artista.